“Igloo eschimese”: come costruire una casa di ghiaccio inuit e come funziona – la mia esperienza, dalla teoria alla pratica
INDICE
❆ Nomi e significato
– Iglu o Igloo?
– Inuit o eschimesi?
❆ Storia delle case di ghiaccio: ci vivono?
❆ Come costruire un igloo
– Struttura di un igloo eschimese
– La mia esperienza sugli Appennini (Monte Livata) e attrezzatura utile
❆ Interno di un iglu inuit: un’architettura bioclimatica
– Perché negli igloo non fa freddo?
– Perché gli iglu non si sciolgono?
❆ Dormire in un igloo in Italia
Questo è un post a cui tengo molto perché racchiude molti argomenti che mi rappresentano: l’architettura sostenibile, le terre polari e le bellezze di casa.
Ma cosa hanno in comune tutti questi aspetti? Ho cercato di spiegarlo nel mio about.
Tutte le risposte sul tema “igloo eschimese” sono invece in questo articolo: potete usare l’indice interattivo per leggere direttamente l’argomento che più vi interessa.
Buona lettura!
1. Nome e significato. Igloo o Iglu? Inuit o Eschimesi?
Iglu o Igloo?
La parola ᐃᒡᓗ iglu (al plurale igluit), nella maggior parte dei dialetti inuktitut, (lingua degli inuit canadesi), indica una casa di qualunque materiale, non solo un rifugio di ghiaccio: anche una casa in pietra e tetto in torba o gli edifici moderni. Le case di ghiaccio nello specifico si chiamano ᐃᒡᓗᕕᔭᖅ igluvijaq (igluvijait al plurale).
Allora cosa significa igloo? L’inglese igloo è il termine che prevale al di fuori della cultura inuit, che però indica esclusivamente costruzioni di ghiaccio a pseudocupola, di cui parlo più avanti.
Quindi si scrive Igloo o Iglu?
In definitiva potremmo dire che entrambe le forme sono corrette, ma usando “Iglu“, ci avviciniamo di più alla cultura che ha inventato questo semplice, ma sapiente rifugio.
Iglù con l’accento sulla u, invece?
Anche questo termine deriva dall’originale inuit, ma si riferisce ad una componente dell’attacco a terra degli edifici che riprende vagamente la forma degli igloo di ghiaccio.
Inuit o eschimesi?
Gli inuit sono i nativi della Groenlandia, del Canada artico, e di alcune aree della Siberia e dell’Alaska.
Come ho già scritto parlando degli abitanti della Groenlandia, queste popolazioni dell’Artico si auto-definiscono inuit, che significa uomini.
Eschimese o eskimo è un appellativo coniato dagli europei che significa “mangiatori di carne cruda” o “costruttori di racchette da neve”, per cui potrebbe risultare sgradevole alle loro orecchie.
Tuttavia in questo post uso indistintamente i due termini: infatti oggi – al di fuori del loro mondo – “eschimese” è un epiteto usato senza malizia.
2. Dove si trovano gli igloo? Ci vivono? Storia delle case di ghiaccio
Non tutti gli inuit di cui sopra hanno a che fare con gli iglu. Queste case di ghiaccio, infatti, erano tipiche nell’Artico canadese, nei pressi della baia di Baffin, e avevano solo qualche presenza episodica in Groenlandia settentrionale e in Alaska.
Questi popoli a ridosso del Polo Nord costruivano igloo da secoli, ma datare tale rifugio primordiale è davvero difficile.
Bisogna tener conto che si tratta di una costruzione che non lascia resti tangibili quando si scioglie, e di culture che non avevano documentazioni scritte o forme d’arte che rappresentavano il loro modo d’abitare. Conosciamo quindi gli iglu come struttura tradizionale soprattutto grazie alle testimonianze dei primi esploratori.
Ormai questa casa di ghiaccio appartiene al passato, dato che dagli anni ’70 del Novecento gli iglu sono pressoché scomparsi. Inoltre raramente avevano uno scopo residenziale: erano soprattutto rifugi temporanei per i periodi di caccia.
Oggi si costruiscono più che altro per gioco e per turismo. Gli igloo per danze e fini rituali si trovano ormai solo nella tundra canadese, ma molto di rado.
Allora dove vivono gli eschimesi?
Gli inuit oggi adottano le stesse soluzioni abitative del paese a cui appartengono politicamente, anche se non ne condividono l’identità. Gli abitanti della Groenlandia, ad esempio, vivono nelle tipiche casette danesi in legno, ma nei centri maggiori hanno anche edifici in calcestruzzo armato.
3. Come costruire un igloo eschimese: dall’Artico agli Appennini
Struttura di un “igloo eschimese”
Il cosiddetto “igloo eschimese” ha una struttura simile a quella dei trulli pugliesi e dei nuraghi sardi.
Si tratta di una costruzione a blocchi sovrapposti distribuiti lungo una spirale, che diventano via via sempre più piccoli e formano cerchi gradualmente minori. In sommità è previsto o un oculus (un foro), o un blocco di chiusura.
Questa struttura si chiama pseudocupola (o falsa cupola). Non parliamo di cupola vera e propria, perché – in parole povere – non si basa sul principio dell’arco, ma si regge per gravità.
L’iglu è un ottimo esempio di architettura vernacolare. Per architettura vernacolare si intende un’architettura tradizionale realizzata dal popolo per il popolo, con materiali locali e con il minor sforzo possibile, sia in termini economici che lavorativi.
La mia iglu experience sul Monte Livata, la montagna della capitale
Dopo essermi innamorata di questo tipo di architettura all’università – e dell’Artico nei miei viaggi – ho avuto finalmente l’occasione di partecipare alla costruzione di un iglu.
Questa bellissima esperienza la devo al progetto Antropostudio (info@antropostudio.org), che opera proprio sui nostri Appennini, dai Monti Simbruini nel Lazio al Parco Nazionale Abruzzo.
L’eco-antropologo che organizza queste escursioni ha passato tre mesi tra gli inuit apprendendone le tecniche e riadattandole ai nostri climi.
L’escursione si svolge in montagna tra Lazio e Abruzzo, a seconda delle condizioni climatiche.
Nel nostro caso siamo andati sul Monte Livata, vetta dei Monti Simbruini a circa 50 km da Roma. Partendo da Campo dell’Osso, dopo un’ora di camminata tra i faggi, abbiamo così raggiunto il nostro cantiere bianco a circa 1450 metri di altitudine.
Ora vi racconto cosa abbiamo fatto (e cosa fanno gli inuit), ma senza fornire una guida per costruire igloo fai da te. Per realizzare una casa di ghiaccio, infatti, ci vuole esperienza sul campo, e le modalità dipendono anche dal clima.
Ecco le fasi principali in breve:
❆ Inizio. Si traccia il perimetro della costruzione con delle pale; se la circonferenza da seguire è deforme, l’igloo non reggerà. Nel nostro caso il diametro era di circa 1.90 metri, come un iglu inuit per due persone.
❆ Sviluppo. Si collocano i blocchi di neve compattata lungo la circonferenza (parallelepipedi di circa 40x30x70 cm); poi si prosegue ponendoli uno sopra l’altro, creando anelli sempre più piccoli e riducendo il modulo.
Nell’inverno artico potremmo usare una sega* per ricavare dei blocchi di neve già compatta sotto ai nostri piedi, come gli inuit in questo video:
* La loro sega da neve tradizionale era fatta con ossa di balena.
Nel nostro caso, ci hanno fornito delle pale per raccogliere la neve soffice e compattarla in delle casseforme.
❆ Conclusione: la sommità e l’ingresso. Noi abbiamo lasciato l’igloo aperto in cima, visto il clima clemente. Ma gli inuit che devono proteggersi dalle bufere solitamente lo chiudono con un blocco di ghiaccio, possibilmente trasparente per la luminosità. Spesso è previsto anche un piccolo foro di ventilazione per il ricambio d’aria.
L’ingresso è un’apertura da cui si entra sdraiati, evidenziata all’esterno da un arco più grande. Abbiamo realizzato l’ingresso con gli stessi blocchi di neve, ma per sagomarli in maniera curvilinea, li abbiamo tagliati con una sega. Gli inuit solitamente usano pelli di animali come caribou e foca per chiudere la porta.
Tempistiche. Quanto ci vuole per costruire un igloo eschimese? Quanto dura?
Dipende da quanta manodopera c’è, dall’esperienza, e dal tipo di neve. Ci vogliono minimo due persone.
Noi in circa otto-nove, (e con della neve soffice), ci abbiamo messo quattro ore e mezza.
Con il ghiaccio e la neve compattata dell’Artico, degli inuit esperti potrebbero riuscirci anche in un’ora, mentre per noi quattro ore è una durata media.
Negli inverni del Grande Nord un iglu potrebbe durare anche due mesi, mentre il nostro nel Lazio lo abbiamo trovato sciolto una settimana dopo.
Attrezzatura: informazioni pratiche per l’escursione
L’attrezzatura per costruire un iglu (pale, casseri, seghe etc.) viene fornita dall’organizzatore Antropostudio. Bisogna badare al resto!
Abbigliamento da neve
L’accessorio fondamentale sono i guanti da neve in gore-tex: chi aveva dei guanti da quattro soldi ha passato sei ore con le mani bagnate.
Servono poi scarpe da trekking impermeabili, pantaloni impermeabili, ed eventualmente delle ghette da neve.
Pranzo al sacco e borraccia.
Attrezzatura fotografica. Ovviamente è una buona idea avere una fotocamera per immortalare questa esperienza unica, ma anche un binocolo per osservare gli animali: il Monte Livata è l’habitat del picchio muraiolo, del merlo d’acqua e dell’otarda!
Sacco a pelo per il freddo e torcia, nel caso si decida di passare anche la notte in un igloo. Questa opzione però non è contemplabile in tempi di COVID.
4. Interno di un igloo eschimese: un’architettura bioclimatica
La conoscenza atavica e sperimentale degli “eschimesi” racchiude molti principi basilari della progettazione bioclimatica passiva, chiaramente in climi rigidi.
Perché negli igloo inuit non fa freddo?
La forma compatta e sferica è una delle ragioni principali. Minimizzare la superficie esterna dell’involucro, significa diminuire la superficie disperdente, riducendo le uscite termiche: la formazione di uno spazio semi-ipogeo va in questa direzione.
La forma sferica massimizza inoltre la distribuzione della radiazione solare sull’intera superficie esterna, così che l’assorbimento del calore sia uniforme e sfruttato al massimo. Questo principio – non a caso – si trova applicato in natura negli animali dei climi polari, che hanno una corporatura più tozza rispetto a quelli dei climi torridi: un esempio è la volpe artica, che si distingue dalla volpe dei climi caldi anche per il fattore forma.
Ad incrementare la conservazione di calore, concorrono le proprietà della neve e del ghiaccio che sono ottimi isolanti e pessimi conduttori ed il posizionamento dell’ingresso, che si trova più in basso rispetto a tutto il resto dello spazio abitabile, dove tende a raccogliersi l’aria calda.
Ma come si riscalda l’interno di un igloo?
Per riscaldare l’esiguo spazio interno basta una minima quantità di calore: è sufficiente la presenza di due persone. Se fuori ci sono -40°C, la temperatura interna di un igloo può raggiungere anche più di 0°C. Dentro questo rifugio di ghiaccio è possibile accendere un fuoco: vista la mancanza di legna nella tundra, gli inuit usavano il grasso di balena.
Quali sono le dimensioni di un iglu inuit?
Dipende. L’iglu costruito da noi ad esempio era per due, e misurava circa 1.90 metri di diametro e 2.10 di altezza. A volte, per alloggiare più famiglie, (o per avere spazi cerimoniali), si uniscono più iglu.
Perché gli igloo non si sciolgono?
Le case di ghiaccio non si sciolgono per diversi motivi.
Innanzitutto aria e ghiaccio hanno una diversa capacità termica. Quando l’aria tiepida – o calda nel caso venga acceso un fuoco all’interno – arriva nei pressi della parete, si raffredda. Il ghiaccio avrebbe invece bisogno di molto più calore per raggiungere il punto di fusione.
L’altra ragione per cui un igloo inuit non si scioglie è che nell’Artico soffiano venti polari, (anche raffiche da -50° C). Questo fa sì che la temperatura sulla superficie esterna rimanga particolarmente bassa, e che la casa di ghiaccio rimanga intatta.
5. Dormire in un igloo in Italia – Forget chalet, rent an igloo!
Ora che abbiamo appurato che si può passare tranquillamente una notte in igloo senza morire assiderati, vediamo dove andare!
L’ideale sarebbe dormire in un igloo nell’Artico, come in questo alloggio nella Norvegia Nord, ad esempio! Ma vediamo che c’è di più facilmente raggiungibile.
Sugli Appennini si può realizzare un “igloo eschimese” con Antropostudio (come abbiamo fatto noi), e passare la notte nella propria creazione, ma il sacco a pelo dovete portarvelo da casa. Realizzando iglu aperti in sommità, si può anche accendere un fuoco al loro interno, ma sia il falò che il pernottamento sono esperienze che torneranno possibili a fine pandemia.
A proposito di alloggi artici: ho scritto una mega-guida su dove dormire in Islanda!
Sulle Alpi invece ci sono degli igloo hotel che hanno poco a che vedere con la cultura inuit, ma che offrono esperienze indimenticabili.
Ne ho individuati due in Südtirol: un Igloo village sulle Dolomiti a Speikboden e Schutzhütte Schöne Aussicht / Rifugio Bella Vista in Val Senales. Entrambe sono case di ghiaccio romantiche in cui viziarsi con saune outdoor e vasche d’acqua calda.
All’interno offrono ovviamente più spazio degli iglu tradizionali, sono illuminate da candele, e hanno letti in ghiaccio coperti di pelli con sacchi a pelo a prova di gelo.
Dormire in alberghi igloo del genere costa tra i 250 e i 350€ a coppia, includendo però anche la cena e la colazione.
Gli iglu inuit stanno scomparendo per i cambiamenti sociali e climatici, ma la loro rivisitazione in chiave turistica è più viva che mai.
Una iglu experience fa bene all’anima: è un modo di riscoprire l’essenziale, ritrovando il proprio legame ancestrale con la natura.
Valeria